domenica 19 gennaio 2014

Le balle spaziali su legge elettorale e governabilità




di Maurizio Zaffarano

Che le regole di una democrazia, e tra queste il sistema elettorale, debbano essere approvate con il massimo possibile del 'consenso' (termine il cui senso e significato andrebbe però ben definito e sviscerato) è cosa buona e giusta.
Che il partito di maggioranza relativa che si è proposto di modificare la legge elettorale debba incontrare su tale argomento le opposizioni è un fatto assolutamente normale.
Detto questo, riguardo all'incontro tra Renzi e Berlusconi sulle riforme istituzionali, finisce quanto può essere considerato corrispondente al buon senso e comincia l'enorme serie di balle che stanno raccontando su legge elettorale e governabilità.
Anzitutto incontrare i leader di un partito di opposizione è un atto dovuto, non lo è affatto se il leader che si incontra e con cui si pretende di costruire l'architrave della terza Repubblica è stato espulso per indegnità dal Senato, per una condanna di evasione fiscale, e se è gravato da un conflitto di interessi grosso come un macigno.

Legare poi legge elettorale e governabilità è una grande balla: la governabilità è funzione della capacità di fare politica da parte della classe dirigente, capacità che può emergere solo se esiste una coscienza civica e democratica adeguata tra i cittadini, la quale a sua volta risente e discende dalla struttura delle forme di organizzazione economica e sociale.
Abbiamo il maggioritario dal 1994 e nessuno può affermare che in questo ventennio, confrontato con l'epoca del proporzionale, l'Italia abbia avuto governi più stabili, efficienti, efficaci ed una migliore qualità della classe politica. La comparazione storica e con le altre Nazioni europee evidenzia che con sistemi elettorali analoghi può realizzarsi o meno la formazione di una stabile maggioranza di governo. Si deve riconoscere altresì che in democrazia la nascita di coalizioni ed anche l'evento di un'intesa temporanea ed eccezionale tra le forze politiche rivali non è qualcosa di necessariamente disdicevole: tutto dipende da con chi ci si accorda e per fare cosa.
Non solo non esiste una legge elettorale che garantisca di per sé di sapere, appena chiuse le urne, 'chi ha vinto e chi ha perso' (a meno che non si tratti dell'elezione di una singola persona) ma va rifiutata in toto questa logica mutuata dal lessico sportivo e dai concorsi dei reality televisivi, il cui significato sostanziale è: chi arriva prima alle elezioni comanda per cinque anni.
Filosofia non solo pericolosa perché fondata sulla concezione autoritaria dell'uomo solo al comando ma di fatto inefficace: quelle divisioni, quella pluralità di posizioni politiche e ideali a cui si nega la rappresentanza in Parlamento riemergono ma nel modo peggiore sotto forma di correnti e di capi bastone dei partiti maggiori. Tanto più che per vincere le elezioni maggioritarie, nella corsa ad ogni voto disponibile, si è poi costretti ad includere i piccoli partiti o nella coalizione o nelle liste.
Il maggioritario ha solo l'effetto di prosciugare la ricchezza della democrazia e di trasformarla in un deserto: negando la rappresentanza a sensibilità e visioni diverse, aumentando il distacco tra elettori e Istituzioni e pertanto l'astensione e trasferendo necessariamente la lotta politica nelle piazze.
La crisi della Politica in Italia e in generale nel mondo occidentale non dipende dalla legge elettorale o da meccanismi istituzionali ma dal fatto di essere divenuta totalmente subalterna alle ragioni del profitto e ad entità sovranazionali non democraticamente elette.
Il progetto costituzionale-elettorale sul quale Renzi e Berlusconi hanno trovato piena sintonia è una svolta costituzionale autoritaria vera e propria. Cancella il Senato e dunque la garanzia della doppia lettura delle leggi, pretende di ridurre coattivamente a soli due i partiti presenti in Parlamento e per di più conservando alle segreterie la scelta dei candidati. Lo scopo non è quello di dare ai cittadini la possibilità di scegliere da chi essere governati ma di dare credibilità e forza ai maggiordomi della politica nell'esecuzione degli ordini dei veri poteri dominanti.

Renzi dunque come tutti i suoi predecessori alla guida del PD resuscita Berlusconi per tornare ad attentare alla Costituzione. Forse certi silenzi degli ultimi tempi di Napolitano rispetto al pressing adottato da Renzi nei confronti del proprio protetto Enrico Letta si spiegano con quella che è realmente la posta in gioco: stravolgere la Costituzione contro la volontà dei cittadini (e vengono alla mente certe comuni ascendenze massoniche che sono accreditate ad alcuni dei personaggi in gioco). Non si può non provare rabbia e indignazione rispetto all'arroganza e alla prepotenza di chi progetta riforme costituzionali ed elettorali insieme a chi è stato espulso per indegnità dal Senato e per mezzo di un Parlamento che, in quanto eletto con un sistema elettorale costituzionalmente illegittimo, non rappresenta democraticamente i cittadini. Non si può non provare rabbia e indignazione di fronte alla passiva assuefazione dell'elettore piddino alla menzogna e all'inciucio diventati stabilmente metodi di azione politica. Non si può non essere ancora più convinti della necessità di riunire la Sinistra per costruire una vera alternativa politica.

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità di alcune parti del Porcellum una legge elettorale esiste ed è pienamente in vigore: è una legge proporzionale con soglia di sbarramento al 4 per cento. Si vada a votare al più presto con questa legge e solo dopo si affrontino eventualmente le riforme elettorali ed istituzionali.

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