di Maurizio Zaffarano
Che le regole di una democrazia, e tra
queste il sistema elettorale, debbano essere approvate con il massimo possibile del 'consenso' (termine il cui senso e significato andrebbe però ben
definito e sviscerato) è cosa buona e giusta.
Che il partito di maggioranza relativa
che si è proposto di modificare la legge elettorale debba incontrare
su tale argomento le opposizioni è un fatto assolutamente normale.
Detto questo, riguardo all'incontro tra
Renzi e Berlusconi sulle riforme istituzionali, finisce quanto può
essere considerato corrispondente al buon senso e comincia l'enorme
serie di balle che stanno raccontando su legge elettorale e
governabilità.
Anzitutto incontrare i leader di un
partito di opposizione è un atto dovuto, non lo è affatto se il
leader che si incontra e con cui si pretende di costruire
l'architrave della terza Repubblica è stato espulso per indegnità
dal Senato, per una condanna di evasione fiscale, e se è gravato da
un conflitto di interessi grosso come un macigno.
Legare poi legge elettorale e
governabilità è una grande balla: la governabilità è funzione
della capacità di fare politica da parte della classe dirigente,
capacità che può emergere solo se esiste una coscienza civica e
democratica adeguata tra i cittadini, la quale a sua volta risente e
discende dalla struttura delle forme di organizzazione economica e
sociale.
Abbiamo il maggioritario dal 1994 e
nessuno può affermare che in questo ventennio, confrontato con
l'epoca del proporzionale, l'Italia abbia avuto governi più stabili,
efficienti, efficaci ed una migliore qualità della classe politica.
La comparazione storica e con le altre Nazioni europee evidenzia che con sistemi
elettorali analoghi può realizzarsi o meno la formazione di una
stabile maggioranza di governo. Si deve riconoscere altresì che in
democrazia la nascita di coalizioni ed anche l'evento di un'intesa
temporanea ed eccezionale tra le forze politiche rivali non è
qualcosa di necessariamente disdicevole: tutto dipende da con chi ci si
accorda e per fare cosa.
Non solo non esiste una legge
elettorale che garantisca di per sé di sapere, appena chiuse le
urne, 'chi ha vinto e chi ha perso' (a meno che non si tratti
dell'elezione di una singola persona) ma va rifiutata in toto questa
logica mutuata dal lessico sportivo e dai concorsi dei reality
televisivi, il cui significato sostanziale è: chi arriva prima alle
elezioni comanda per cinque anni.
Filosofia non solo pericolosa perché
fondata sulla concezione autoritaria dell'uomo solo al comando ma di
fatto inefficace: quelle divisioni, quella pluralità di posizioni
politiche e ideali a cui si nega la rappresentanza in Parlamento
riemergono ma nel modo peggiore sotto forma di correnti e di capi
bastone dei partiti maggiori. Tanto più che per vincere le elezioni
maggioritarie, nella corsa ad ogni voto disponibile, si è poi
costretti ad includere i piccoli partiti o nella coalizione o nelle
liste.
Il maggioritario ha solo l'effetto di
prosciugare la ricchezza della democrazia e di trasformarla in un
deserto: negando la rappresentanza a sensibilità e visioni diverse,
aumentando il distacco tra elettori e Istituzioni e pertanto
l'astensione e trasferendo necessariamente la lotta politica nelle
piazze.
La crisi della Politica in Italia e in
generale nel mondo occidentale non dipende dalla legge elettorale o da
meccanismi istituzionali ma dal fatto di essere divenuta totalmente
subalterna alle ragioni del profitto e ad entità sovranazionali non
democraticamente elette.
Il progetto costituzionale-elettorale
sul quale Renzi e Berlusconi hanno trovato piena sintonia è una
svolta costituzionale autoritaria vera e propria. Cancella il Senato
e dunque la garanzia della doppia lettura delle leggi, pretende di
ridurre coattivamente a soli due i partiti presenti in Parlamento e
per di più conservando alle segreterie la scelta dei candidati. Lo
scopo non è quello di dare ai cittadini la possibilità di scegliere
da chi essere governati ma di dare credibilità e forza ai
maggiordomi della politica nell'esecuzione degli ordini dei veri
poteri dominanti.
Renzi dunque come tutti i suoi
predecessori alla guida del PD resuscita Berlusconi per tornare ad
attentare alla Costituzione. Forse certi silenzi degli ultimi tempi
di Napolitano rispetto al pressing adottato da Renzi nei confronti
del proprio protetto Enrico Letta si spiegano con quella che è
realmente la posta in gioco: stravolgere la Costituzione contro la
volontà dei cittadini (e vengono alla mente certe comuni ascendenze
massoniche che sono accreditate ad alcuni dei personaggi in gioco). Non si
può non provare rabbia e indignazione rispetto all'arroganza e alla
prepotenza di chi progetta riforme costituzionali ed elettorali
insieme a chi è stato espulso per indegnità dal Senato e per mezzo
di un Parlamento che, in quanto eletto con un sistema elettorale
costituzionalmente illegittimo, non rappresenta democraticamente i
cittadini. Non si può non provare rabbia e indignazione di fronte
alla passiva assuefazione dell'elettore piddino alla menzogna e
all'inciucio diventati stabilmente metodi di azione politica. Non si
può non essere ancora più convinti della necessità di riunire la
Sinistra per costruire una vera alternativa politica.
Dopo la sentenza della Corte
Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità di alcune parti del
Porcellum una legge elettorale esiste ed è pienamente in
vigore: è una legge proporzionale con soglia di sbarramento al 4 per
cento. Si vada a votare al più presto con questa legge e solo dopo
si affrontino eventualmente le riforme elettorali ed istituzionali.
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